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Il diritto alla salute e l’accesso alla cannabis terapeutica in Portogallo: una promessa costituzionale non mantenuta

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Il 31 maggio 2025 si è tenuta a Lisbona la Marcia della Cannabis, dove persone provenienti da diverse regioni del paese si sono radunate per chiedere la legalizzazione della cannabis, difendendo il diritto di coltivare fino a quattro piante a persona in casa. Questo movimento civico ha posto ancora una volta una questione essenziale all'ordine del giorno: un accesso giusto ed equo alla cannabis per uso medico.

In Portogallo, il diritto alla salute è sancito dall'articolo 64 della Costituzione della Repubblica Portoghese, che garantisce a tutti i cittadini protezione e parità di accesso all'assistenza sanitaria. Tuttavia, questo diritto fondamentale si scontra con la realtà concreta di molti portoghesi per quanto riguarda l'accesso alla cannabis terapeutica.

Sebbene la cannabis per uso medico sia legale dal 2018, il suo acquisto è limitato ai prodotti autorizzati da Infarmed, disponibili esclusivamente in farmacia e a prezzi elevati. Questi prodotti non sono sovvenzionati dallo Stato, il che li rende inaccessibili a molti pazienti, soprattutto a quelli a basso reddito. Qui sta il paradosso: esiste un diritto riconosciuto e una sostanza terapeutica legale, ma l'accesso reale ad essa è, per molti, un miraggio.

Di fronte a questa esclusione economica, alcuni pazienti ricorrono all'autocoltivazione della cannabis come ultima risorsa per alleviare il dolore o curare patologie croniche. Tuttavia, anche in questi casi, la legge portoghese considera la coltivazione un reato, punibile ai sensi del Decreto Legge 15/93. I tribunali hanno sistematicamente respinto le argomentazioni basate sul diritto alla salute o sul diritto alla resistenza (art. 21 della Costituzione portoghese), basandosi sull'esistenza di vie di accesso legali, sebbene queste siano economicamente impraticabili e molto limitate in termini di opzioni per alcune patologie.

La domanda che sorge spontanea è questa: che valore ha un diritto fondamentale se non è garantito a tutti, indipendentemente dalla loro condizione economica? Quando l'accesso all'assistenza sanitaria è condizionato dalla capacità di pagare, ci troviamo di fronte a un errore costituzionale.

Ciò che serve non è una liberalizzazione indiscriminata della coltivazione, ma uno Stato che garantisca l'effettività dei diritti che proclama.

Se la cannabis terapeutica viene riconosciuta come trattamento, allora deve essere garantito un accesso paritario, attraverso il co-pagamento da parte del Servizio Sanitario Nazionale o meccanismi che proteggano i più vulnerabili.

In una democrazia degna di questo nome, i diritti fondamentali non possono essere privilegi di classe. Il diritto alla salute, sancito dalla nostra Costituzione, deve essere vissuto come una realtà concreta e non solo come una promessa formale.

Altrimenti la Costituzione diventa lettera morta e i più poveri continuano a pagare il prezzo dell'ipocrisia giuridica.

 

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[Disclaimer: tieni presente che questo testo è stato originariamente scritto in portoghese ed è tradotto in inglese e in altre lingue utilizzando un traduttore automatico. Alcune parole potrebbero differire dall'originale e potrebbero verificarsi errori di battitura o errori in altre lingue.]

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Leonardo Sousa
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